Da una lettera d'un amico
www.ModenaQui.it
14-01-2010
Un milione per la casa inquinata dall’inceneritore
La comprerà il Comune. Il proprietario è malato da tempo
Un milione centomila euro.
E’ questa la cifra per la quale il Comune ha acquistato una casa in via Cavazza, a pochi metri dall’inceneritore, il cui rogito dovrebbe avvenire proprio in questi giorni.
La ragione ufficiale della spesa è che in quel terreno dovrà sorgere il nuovo deposito degli atti storici del Comune.
Ma pare invece si tratti dell’epilogo silenzioso di una controversia iniziata più di dieci anni fa tra la famiglia proprietaria della casa e l’amministrazione.
Una vicenda fatta di visite in Comune, appelli al sindaco e tonnellate di lettere «Una volta questa era la zona più bella di Modena - racconta con nostalgia l’interessato - poi è arrivato
l’inceneritore».
E ha portato con sè polveri, inquinamento e rumore.
«Quando hanno costruito la seconda linea del termovalorizzatore è stato fatto uno studio, secondo il quale a un chilometro di raggio dall’inceneritore non potevano vivere animali, piante e
neanche uomini.
E nel raggio di due chilometri si registrava il 50% in più di inquinamento.
Ma lei vede dove viviamo? Ci dicevano avete ragione, ma non ci sono i soldi...» aggiunge.
Esasperata, la famiglia ha dato tutto in mano ad un avvocato.
E, a giudicare dall’accordo raggiunto, sembra che le loro ragioni siano state finalmente ascoltate.
A smuovere gli amministratori, a quanto pare, sarebbe stata una cartella clinica che ha fatto capolino in mezzo alle carte legali.
Si tratta di quella del padre di famiglia, lavoratore agricolo, che da vent’anni respira, lavora e mangia polveri sottili.
Anche attraverso la frutta e la verdura che coltiva.
Da anni l’uomo lamenta diversi sintomi, male ai muscoli, artrite, polmonite.
Ma del fatto che l’aria che si respirava non facesse così bene, l’uomo si era accorto già molto tempo prima.
Da quando gli animali, avevano iniziato a traslocare e a smettere di riprodursi: «Di allevare conigli ho smesso, perché non conveniva più.
Le coniglie avevano smesso di figliare.
Le rondini se ne sono andate via tutte, meno una coppia, che continua a tornare ogni anno.
Ma i loro piccoli non sopravvivono: fanno il nido e i piccoli invece di volare via cadono morti dal nido.
Avevamo una scrofa che ha abortito.
Sono sparite le lucciole, le falene e i passerotti...», racconta.
Gli animali se ne sono andati.
L’uomo, animale intelligente, secondo il Comune può restare senza problemi.
Caterina Giusberti
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14-01-2010
A esaminare i tessuti tossici usciti dall’inceneritore e annidati nei polmoni dell’interessato è stata Antonietta Gatti, specialista in nano patologie e direttrice del laboratorio Nanodiagnostic
(protagonista dell’accanita battaglia con la Onlus reggiana Bortolani per il possesso del microscopio di ricerca acquistato grazie ad una campagna di Beppe Grillo) che ha messo a punto una
tecnica per andare a verificare una possibile ‘esposizione ambientale all’interno dei tessuti’.
Di cosa si tratta? «Il nostro corpo ha bisogno di ossigeno per respirare - spiega la dottoressa - ma dentro l’aria possono esserci anche delle polveri molto tossiche.
Se andiamo in un cementificio sappiamo quello che respiriamo, ma delle polveri che escono dall’inceneritore non conosciamo esattamente la tossicità, perché dipende da che cosa viene
bruciato».
Quali sintomi possono dare nano particelle tossiche a chi le respira? « Uno dei più comuni è la sterilità, la sindrome del ‘burning semel disease’- spiega la Gatti - In pratica le polveri entrano
nel corpo, in questo caso nello sperma, generando la perdita della fertilità nell’uomo, che la può trasmettere anche alla sua compagna.
Ma nel peggiore dei casi la malattia può evolvere in maniera sistemica causando danni molto importanti».
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