UN POPOLO IGNORANTE E' FACILE DA INGANNARE
RESTIAMO INFORMATI
Più di vent’anni anni fa, quando il Brasile non aveva ancora raggiunto lo status di paese di prima grandezza economica e l’ambientalismo era
una scienza esoterica, alcune aziende carioca si facevano pubblicità con lo slogan «Venite a inquinare da noi». Dal punto di vista delle cave sembra che l’Italia sia rimasta bloccata in quel vecchio
quadro culturale: sono ancora tempi di saldo. L’ultimo rapporto della Legambiente conferma dati avvilenti: 6 mila cave in esercizio e circa 10 mila abbandonate. Migliaia di fianchi di colline e di
montagne restano piaghe aperte, esposte al rischio di infezione da ecomafia. Mentre scavare altre cave resta facile e redditizio.
L’Italia è una consumatrice vorace, talvolta compulsiva, di sabbia , ghiaia e pozzolana. L’edilizia di necessità ha fatto girare il motore del dopoguerra e quella speculativa continua a muovere
miliardi di euro sul filo della legalità. Con oltre 800 chili pro capite di cemento ci piazziamo al secondo posto nella Ue, subito dopo la Spagna. Siamo il paese dal cemento facile anche perché la
materia prima è a buon prezzo e la gestione è da Far West.
In questo modo si produce una remissione secca per il Paese: perdiamo mezzo miliardo di euro l’anno. Se infatti applicassimo le tariffe della Gran Bretagna si arriverebbe a un’entrata totale di quasi
570 milioni di euro, più di 10 volte quello che viene incassato effettivamente con le attuali tariffe. In Italia invece in cinque Regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) e
in Val d’Aosta viene permesso il prelievo di qualsiasi tipo di roccia senza incassare un solo euro e le tariffe per i quasi 150 milioni di metri cubi di materiali estratti restano basse ovunque. In
Lombardia si chiedono 44 centesimi a metro cubo per materiali venduti a circa 6 euro a metro cubo, in Emilia Romagna 57 centesimi per materiali venduti a 11 euro a metro cubo.
Le Regioni dove si effettua il prelievo maggiore sono la Puglia con 25 milioni di metri cubi, la Lombardia con 23,6 milioni di metri cubi e il Lazio con 19,2 milioni di metri cubi. Queste tre regioni
producono da sole oltre il 47,5 per cento del totale di sabbia e ghiaia. Eppure il canone di estrazione richiesto è estremamente basso, o del tutto inesistente nel caso della Puglia.
Eppure le alternative esistono e funzionano. La Repubblica Ceca ha introdotto il concetto di consumo di suolo tassando oltre alla quantità di materiale prelevato anche la superficie occupata dalle
cave. In Danimarca da oltre 20 anni il problema è stato risolto con una politica di tassazione che arriva a far pagare 50 euro a tonnellata per buttare in discarica gli inerti: così il 90 per cento
dei materiali inerti utilizzati viene dal riciclo. In Italia avviene il contrario: si ricicla solo il 9 per cento dei 45 milioni di tonnellate di rifiuti inerti prodotti ogni anno.